Capita, talvolta, che un personaggio o un breve brano di un’opera famosa acquistino autonomia e raggiungano per i lettori una forza simbolica pari a quella dell’opera stessa. È questo certamente il caso della Leggenda del grande Inquisitore, racconto inserito nei Fratelli Karamazov di F.M. Dostoevskij. Vi compaiono le figure di Gesù e del Grande Inquisitore a testimoniare il contraddittorio rapporto dello scrittore con il cristianesimo nelle sue diverse forme storiche. La forza drammatica e "dialogica" dell'incontro tra Gesù e il "suo" Inquisitore sta – come dice Vittorio Strada – «nella tensione aperta tra il silenzio del primo e il discorso del secondo, nel confronto stesso tra due forze di cui l'una, quella dell'Inquisitore, è la perversione spirituale dell'altra, ma, nello stesso tempo, ne è lo sviluppo storico». Di questo racconto un’interpretazione sicuramente importante è quella di Rozanov, pubblicata per la prima volta nel 1891 nel libro che lo impose al pubblico. Si tratta di un’indagine filosofica, più che di critica letteraria, che propone un approccio originale. Rozanov scriveva: «Tutto si è talmente intricato che i “malvagi” hanno più pietà dell’uomo di quanto non l’abbia il loro “buon salvatore”: sono queste le sue proprie parole, la sua propria tesi; benché nel corso di tutta la Leggenda egli umilî loro ed esalti lui. Che stranezza: gli uomini sono triviali, non credono in Dio, eppure hanno pietà l'uno dell'altro. Il salvatore invece è così maestoso e gli uomini sono sotto di lui come sabbia bagnata: non c'è posto dove mettere i piedi».
Iscriviti alla nostra newsletter per essere informato su novità e approfondimenti
sessione scaduta effettua nuovamente l'accesso