In un racconto di Jorge Luis Borges, il giovane Ireneo Funes è condannato ad avere una prodigiosa memoria che gli permette di cogliere ogni dettaglio di tutto ciò che lo circonda. Immobilizzato dopo un incidente, coltiva due progetti tanto ambiziosi quanto inutili: la realizzazione di un vocabolario infinito per la serie naturale dei numeri e la creazione di un catalogo mentale di tutte le immagini dei suoi ricordi limitandoli a settantamila. Borges ci presenta Funes come un deposito di memoria, un uomo che assorbe tutto ciò che vede e sente senza filtro. Questo disturbo, individuato anche in ambito medico e scientifico, consente di mettere a fuoco il tema della specificità umana e il rapporto tra l'uomo e le macchine.
Paolo Benanti specializzato in Bioetica e nel rapporto tra Teologia morale, Bioingegneria e Neuroscienze, è docente alla Pontificia Università Gregoriana. Collabora con l’American Journal of Bioethics – Neuroscience ed è membro dello staff editoriale di Synesis. Per Marietti 1820 ha pubblicato Le macchine sapienti. Intelligenze artificiali e decisioni umane.
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