Gli scritti qui raccolti ripropongono il percorso di una singolare figura di intellettuale militante quale è stato Giuseppe Trotta nel corso della sua breve vita pubblica. Un senso acuto delle discontinuità storiche e politiche, il disincanto di una mente lucida e affilata unito a una disponibilità quasi disarmata di fronte alle provocazioni più radicali, specie di matrice evangelica, l’urgenza di informare e orientare una platea di interlocutori circoscritta ma assai differenziata convergono in ciascuno di questi testi, spesso brevi, sempre sorprendenti. A partire dall’asserita, e sofferta, inconciliabilità tra mondo e vangelo, storia ed escatologia, l’autore si sofferma con autentica pietas sulle testimonianze di fede che una qualche distensione umana pure hanno assunto: un’espressività e visibilità riconosciute, un significato vissuto e condiviso anche dai più semplici. Da Simone Weil alla santa Teresina, da don De Luca a don Milani, da Sturzo a Dossetti, gli scritti di Trotta accompagnano il lettore nella riscoperta del paradosso sempre sconcertante dell’esperienza credente.
La Terra è il nostro luogo d’origine, è qualcosa di precostituito, qualcosa che necessariamente precede la nostra esistenza e ci sopravviverà. Senza la Terra, nient’altro è possibile. Unisce e separa allo stesso tempo, ma impone sempre un rapporto di condivisione, che in fondo è l’essenza della relazione. È l’intero mondo vivente, in tutte le sue innumerevoli forme, a comporre ciò che Achille Mbembe chiama trama planetaria. Una trama fondamentalmente indivisibile, un ordito che non si può legare o sciogliere, una catena simbiotica vivente in cui ciascun anello ha trovato rifugio sulla Terra come abitante o passante. L’uomo, le specie animali e vegetali, i microbi, i batteri e i virus, ma anche i corpi inorganici e le sostanze minerali, i dispositivi tecnologici e artificiali, le forze invisibili, i geni e gli spiriti partecipano insieme alla realizzazione del cosmo, in una solida alleanza per la costruzione di un luogo abitativo aperto, che fa spazio a tutti, e in cui ciascuno e ciascuna è chiamato a parlare a proprio nome e in memoria di ciò che si è stati, e a diventare segmenti di una catena ininterrotta di collegamenti. Mbembe formula, così, l’ultima delle utopie, la pietra angolare di una nuova coscienza planetaria.
Ripercorrere oggi la storia di Mario Gozzini significa andare al cuore della storia italiana del XX secolo: ricostruire quel «dialogo alla prova» tra mondo cattolico e comunista di cui si fece promotore, vuol dire affrontare una delle vicende più complesse e meno studiate della storia dell’Italia repubblicana. La storia di un paese «mancato», di una nazione che avrebbe potuto esserci ma che non c’è stata. Vuol dire anche recuperare un «filo rosso» che va dall’antifascismo alla Costituzione fino alla fine della guerra fredda per costruire prospettive che hanno unito uomini e donne schierati ideologicamente in campi diversi, cattolici e comunisti, ma con la condivisione di valori fondanti. Mario Gozzini ha partecipato, da protagonista indiscusso, a quella storia: fu uno dei principali sostenitori della candidatura della «pattuglia cattolica» nelle liste elettorali del Pci; fu un pioniere, sul fronte dei credenti, di alcune tra le più importanti battaglie sui diritti in Italia, dal divorzio alla regolamentazione dell’interruzione di gravidanza, alla obiezione di coscienza al servizio militare fino alla riforma carceraria in funzione umanitaria e garantista; fu un severo critico del comunismo ateista, ma anche un riformatore nel mondo religioso. Ricordare la sua vita è recuperare un pezzo fondamentale del Novecento italiano.
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