Quando è stato pubblicato per la prima volta, nel 1974, questo libro è diventato subito un bestseller, e pochi mesi dopo è diventato uno show di Broadway. Per decenni ha ispirato generazioni di lettrici e lettori, di studiose e studiosi. Persino Barack e Michelle Obama, nel 2023, hanno ammesso di aver preso spunto da questo testo per girare la docuserie Netflix Working, dedicata alle condizioni di lavoro nell’America contemporanea. Vincitore del Premio Pulitzer nel 1985, Studs Terkel in questo libro intervista un pompiere e una casalinga, un conducente di autobus e una cameriera, un sindacalista e una sex worker, un musicista jazz e il proprietario di una fabbrica, un allenatore di football e un’insegnante, oltre a più di cento altre persone. Come rivela l’analisi di Francesca Coin, il risultato è uno spaccato duro e poetico della vita di chi lavora. In un’epoca che nasconde i volti e le voci delle persone che mandano avanti la nostra società, Terkel strappa all’anonimato i protagonisti del nostro tempo e pone loro una domanda difficile. Qual è il senso del lavoro che facciamo? Portando a galla i malcontenti e le frustrazioni, ma anche i desideri e le aspirazioni di chi lavora, l’autore ci restituisce un mondo ironico e imprevisto. Ne emerge che il lavoro non è solo una specie di morte che accade dal lunedì al venerdì, ma una «ricerca di significato quotidiano oltre che di pane quotidiano, di riconoscimento oltre che di denaro, di stupore piuttosto che di torpore». Persino l’immortalità fa parte di questa ricerca. «Essere ricordati era il desiderio, espresso e non espresso, degli eroi e delle eroine di questo libro».
Studs Terkel (1912-2008), figlio di genitori russi immigrati negli Stati Uniti, ha sempre vissuto a Chicago, dove, dopo la laurea in Giurisprudenza, ha fatto i mestieri più diversi. Ostacolato e tenuto sotto stretta sorveglianza dalle politiche repressive del periodo maccartista, nel 1952 è riuscito a ottenere la conduzione di un piccolo programma radiofonico che è diventato un punto di riferimento in tutto il paese. Destinata ad andare in onda per 45 anni, la sua trasmissione alternava l’ascolto di brani jazz e folk a brevi conversazioni con i cittadini che ogni giorno lo chiamavano. Studs Terkel è diventato allora un eccezionale narratore di esperienze umane e un punto di riferimento per il pubblico statunitense. Celebre autore di numerosi libri, ha vinto il Premio Pulitzer nel 1985 con The Good War. Come Hard Times, che ripercorreva gli anni della Grande Depressione, The Good War si serviva del racconto orale per narrare un momento cruciale della storia americana, offrendo uno spaccato inedito della Seconda guerra mondiale. Negli anni, la sua capacità di ascoltare e raccontare ha fatto di Studs Terkel un maestro della storia orale e una delle voci più amate della letteratura e del giornalismo degli Stati Uniti.
Francesca Coin, autrice e sociologa, ha insegnato in diverse università tra gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Svizzera. Si occupa di lavoro e diseguaglianza sociale. Collabora con Internazionale. Il suo ultimo libro si intitola Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita (Einaudi 2023).
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