«Premetti il campanello di plastica, venne ad aprire una donnina dai radi capelli bianchi, vestita con un abito a fiori rossi, scolorito, unto. In quell’istante, mi ricordai dei due fratelli menzionati dal mio nuovo paziente. Ed entrando nel buio appartamentino ne incontrai subito le immagini in una vecchia foto di famiglia ingrandita e appesa nell’ingresso».
A distanza di anni, tre fratelli si rivolgono allo stesso medico con l'identico, raro morbo di Bahdy, “sempre più diffuso in tutto il mondo”. Sul sottile confine che separa e congiunge vita e morte, sofferenza e cura, affiora il sospetto che le malattie del corpo siano il nostro unico modo per indicare la sola verità verso cui tutto confluisce. Sullo sfondo, mai nominata, la Budapest di Pressburger, in particolare l'ormai celebre Ottavo distretto, scenario dell’infanzia dell'autore.
Giorgio Pressburger (1937–2017), scrittore e regista di origine ungherese, è sfuggito con la famiglia allo sterminio nazista nascondendosi nei sotterranei di una sinagoga. Dopo l’invasione sovietica del 1956 ha abbandonato in modo rocambolesco Budapest, rifugiandosi prima a Vienna e poi in Italia. Nel 1988 ha vinto il Premio Viareggio con La neve e la colpa.
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