Il libro raccoglie ritratti e racconti ispirati a una letteratura minima. Cosa si intende con questa espressione? Non la storia raccontata dalla parte del potere e dei potenti, ma quella narrata dai piccoli e dai «perdenti». Si intende anche la grande letteratura che ha intessuto l’immaginario collettivo, fino a essere la terra su cui anche i più semplici hanno trovato l’aquilone a cui appendersi per volare. Vicino alle «ossa di Antonia», la nonna montanara dell’Altopiano di Asiago, ci sono narratrici e narratori, grandi romanzi e la poesia del cinema del Neorealismo. Intrecci che, secondo Marco Campedelli, sono necessari per reggere l’architettura del mondo. Una proposta per riscoprire un pensiero e una prassi in cui poetica e politica trovino la visione e la complicità necessarie per provocare piccole ma inarrestabili rivoluzioni; così da generare quella «bellezza morale» di cui parlava Pier Paolo Pasolini. Un viaggio attento ai dettagli, in cui si manifesta il miracoloso «fremito della terra», e allo sguardo bambino che vede l’invisibile.
Clero e formazione è un binomio difficile, che Antonio Gerace affronta indagandone le radici in età medievale, a partire dalla fondazione delle scholae. Centri di studio annessi alle cattedrali furono voluti dal Lateranense III (1179) e poi rafforzati nel Lateranense IV (1215) per affermare, per la prima volta, la necessità di un clero alfabetizzato. Le difficoltà contingenti nel raggiungere questo obiettivo determinarono una cospicua produzione di manuali. Fra questi, alcuni in particolare ebbero un lunghissimo successo editoriale. Il volume analizza in special modo quello che divenne un vero e proprio best seller e che fu tradotto in moltissime lingue: il Manipulus curatorum di Guy de Montrochen, capace di sopravvivere persino all’istituzione dei seminari nel 1563.
La passione profonda di Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494) per i libri è svelata dai numeri della sua biblioteca – la più ampia posseduta da un umanista alla fine del Quattrocento –, dai contenuti e dai segni di lettura lasciati sui libri letti, sia suoi che di altri. Pico ha speso il suo ingente patrimonio raccogliendo opere di ogni branca dello scibile umano, dai classici greci e latini alla scolastica, dalle opere di Platone e Aristotele, Avicenna e Averroè, alle molteplici versioni della Bibbia, oltre a testimoni del Talmud e del Corano. Questo libro rinnova l’interesse per la biblioteca di Pico, considerata a lungo perduta, sulla scorta degli scenari aperti da studi recenti, apportando nuova linfa a future, e auspicabili, indagini storiche e filologiche. Le ricerche di Saverio Campanini, Daniele Conti, Amos Edelheit, Sebastiano Gentile, Daniela Gionta, Fabrizio Lelli, Paola Megna, Giovanna Murano e Agata Pincelli inquadrano l’argomento illuminando aree ancora inesplorate, spaziando dalle fonti scolastiche a quelle arabo-ebraiche, dalle presenze sinesiane all’inventario vaticano dei libri dell’umanista.
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