In questo profetico saggio del 1904 Péguy si pone in netta polemica con l’omologazione culturale del suo tempo. Anticipando i rischi di un sapere totalizzante che aspira a diventare politico e totalitario, Péguy ridefinisce in modo originale il “moderno” e le dimensioni fondamentali della ricerca storica. La realtà, la vita delle persone, la storia non sono affatto “disposte” ad essere sistemate. Ed ecco innalzarsi da Zangwill un inno alla vita, uno dei migliori canti all’essere del Novecento e insieme, come sempre in Péguy, un invito appassionato al lavoro quotidiano.
Charles Péguy (1873-1914), scrittore, poeta e saggista francese, sposò la causa socialista, si adoperò per la revisione del processo Dreyfus e fondo la rivista Cahiers de la quinzaine, attorno alla quale raccolse molti giovani scrittori, tra cui Rolland e Benda. Convertito al cattolicesimo nel 1907, divenne sospetto alla Chiesa, di cui attaccava l'autoritarismo, e agli stessi socialisti, di cui criticava l'anticlericalismo. Arruolato in fanteria durante la prima guerra mondiale, morì in combattimento nel 1914.
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