La parola tedesca Heimat viene comunemente considerata intraducibile in altre lingue. Ogni suo corrispettivo – patria, paese natale, home, homeland – sembra in generale sin troppo determinato per mantenere tutte le connotazioni dell’originale che oscilla tra pubblico e privato, tra l'appartenenza a una comunità sociale e politica equella più intima che riguardail legame con la casae il focolare.
Il nazionalsocialismo ha fatto della Heimat uno dei suoi più importanti cavalli di battaglia e ne ha assunto e orientato il concetto per immaginare uno spazio razzialmente omogeneo. Con i campi di sterminio e i con i crimini commessi in suo nome, la parola ha conosciuto un periodo di totale infamia e discredito finendo per uscire, nel secondo dopoguerra, dal lessico dei concetti politici.
In questo saggio vengono chiamate a raccolta le riflessioni filosofiche di Benjamin, Schmitt, Heidegger, accanto ai contributi poetici di autori come Hölderlin, Celan e Bachmann, per analizzare l’irreparabile trauma che da allora segna lo spazio del nostro abitare sulla terra.
Judith Kasper è docente di Letterature comparate alla Goethe Universität di Francoforte sul Meno. Si occupa di teoria letteraria ed estetica, studi sulla Shoah, filologia e psicoanalisi e teoria della poesia. Ha insegnato all’Università di Bologna e ha lavorato all’Istituto di Filosofia dell’Università di Verona.
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